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Ash of Gods: Redemption, la recensione

In una costante sensazione di essere appesi ad un sottile filo di lana, o di stare per essere scaraventati al di là di un precipizio dapprima, o innalzati su di un piedistallo subito dopo, Ash of Gods: Redemption trascina in una rete di scelte che ci costringono a stare incollati al display del nostro PC. Punto. Un titolo pensato proprio per chi ama vivere la trama, essere attore protagonista e, di conseguenza, essere la causa e il responsabile delle proprie scelte.

Ash of Gods, che premesso nasce come un GDR strategico e tattico con tanto di griglia di battaglia, con animazioni da cartoon anni ’80 piacevolissime e ambientazione medievale-fantasy con tratti di oscurità e mistero, cura con moltissima attenzione la storia, il dipanarsi delle vicende della stessa storia in base alle scelte, alle risposte, alle morti dei protagonisti (sì perché tutti possono perdere la vita e dare via a una serie di eventi concatenati da cui non potremo più sfuggire).

Allo stesso tempo la cura del dettaglio grafico e del design in battaglia quanto nel corso della narrazione, portano il titolo anche ad un alto livello tale da appagare anche gli amanti dei visual novel ben curati: tantissimi saranno infatti i dialoghi da sostenere e il testo da leggere e leggere, forse un po’ troppo, ma per fortuna abbiamo la localizzazione in italiano – non eccezionale e tale da dare profondità e caratterizzazione ai vari personaggi, ma sufficiente per immergersi appieno nella narrazione e per apprezzare la storia nel suo complesso – che amplia il target di riferimento ovviamente.

Ash of Gods: Redemption inizia con una premessa, vecchia di secoli, e una vicenda storica che si ripete: l’arrivo dei mietitori che marchiano gli uomini e richiedono un tributo di sangue, sia mediante le truppe schierate degli Ense, sia mediante una sortilegio che fa impazzire gli umani e li porta a combattere gli uni contro gli altri, come presi da impeto e follia allo stesso tempo. Qui, dopo secoli dalla Mietitura, si torna a vivere l’incubo della discesa di queste creature immortali e divine sulla terra a seminare panico e morte: vivremo le vicende storiche, come detto sviluppandole anche in base alle nostre scelte personali e alle nostre strategie, di tre personaggi immersi nel contesto narrativo: Thorn, che con la figlia dovrà sopravvivere al funesto e misterioso evento storico, Hopper, un misterioso sopravvissuto immortale all’ultima mietitura che compirà una sorta di viaggio inverso, e Lo Pheng, una sorta di samurai che sfuggirà ad una esecuzione per affrontare l’avvento della mietitura.

Le tre storie si alterneranno nel corso dei capitoli, e si intrecceranno, dapprima mettendoci di fronte a un insieme di nomi di città, di magie, di personaggi quasi da mal di testa, ma poi ci condurranno verso lo scioglimento delle vicende e una chiarezza complessiva della narrazione. Il tutto sempre coordinato dalla sapiente mano del…giocatore. Durante i nostri viaggi e avventure, ora con questo, ora in compagnia di quel personaggio principale, ci imbatteremo spesso in scontri con briganti, truppe dei mietitori, nemici di ogni sorta: dal viaggio e dalla parte diciamo più orientata al visual novel e dialogica e ovviamente al gdr (comporremo il party, svilupperemo abilità dei personaggi e item migliorativi etc.) si arriva al gameplay vero e proprio dedicato alle battaglie. Né più nè meno di un tattico-strategico con tanto di griglia a scandire le nostre mosse e attacchi speciali e quelli degli avversari, ma con l’aggiunta di un sistema di carte, spesso fondamentali per portare a termine uno scontro vittoriosi.

Uno strategico roguelike, visual novel e RPG con forti tinte narrative e infine un card game. Insomma, gli amanti del genere strategico ambientato in contesti fantasy-medievali avranno pane per i loro denti. E proprio per questi ultimi Ash of Gods è ampiamente consigliato, un titolo che che fa della narrazione, della storia il proprio vessillo, ma che concede anche parecchio alla vista, con un design apprezzabile in stile animato e curato nei dettagli, e all’udito, perché anche le musiche contribuiscono ad aumentare la sensazione di immersività e di appartenenza al gioco.

Ale Yuna B.

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