Se nel primo Death end re; Quest, l’approccio vincente di Idea Factory e Compile Heart era evidentemente legato a tre generi, come il JRPG, l’horror e il Visual Novel, che si mescolavano bene tra loro, con questo secondo capitolo la stessa software house è riuscita anche a dare una libertà maggiore in un mondo semi-aperto, il che aggiunge ai tre elementi sempre presenti – e migliorati – un livello di gameplay, e, quindi, di divertimento, in più.
Una bella dinamica di gioco che diventa ancora più attiva se pensiamo che il sistema di combattimento proprio del JRPG, è stato se possibile ancora migliorato rispetto al passato: per nulla statico, anzi, diventa piuttosto dinamico, nonché strategico, con l’elemento del knockback, con tante possibilità di variare gli attacchi, di indebolire gli avversari, di attivare attacchi in combo con i membri del party, di trasformarsi per attacchi devastanti.
L’elemento dialogico e di relazione tra i personaggi è quasi totalmente affidato al genere Visual Novel, come da tradizione, con alcuni inframezzi dialogati durante i dungeon e con la possibilità di attuare delle scelte, spesso decisive (si rischia il game over immediato!). Dialoghi, relazioni, amicizia, paura, problemi familiari, dentro un pentolone in cui c’è di tutto e di più i personaggi non sono mai banali o statici, vengono al contrario approfonditi e resi “vivi”, con una caratterizzazione approfondita che non è prerogativa solo dei personaggi principali.
A un sistema di combattimento che si evolve dal precedente e che non stanca, che rende le battaglie contro i boss piuttosto sfidanti, si affiancano dungeon diversificati, con spostamenti anche immediati nella mappa di gioco di Le Choara mediante i punti di salvataggio: il leit-motiv è ovviamente il tetro, l’oscuro, il mistero che si cela dietro una comunità che nasconde alcuni segreti e che dà vita a una serie di mostri durante la notte. Buio, paura dei personaggi e mistero, immersi in una storia che coinvolge e avvincente in ogni suo aspetto, con anche qualche colpo di scena che non guasta mai. I componenti del party, oltre a poter essere sviluppati e migliorati come ogni buon RPG in salsa Japan comanda, hanno anche parte attiva nell’esplorazione, ciascuno con la possibilità di aprire varchi o di raggiungere aree altrimenti impossibili da raggiungere dalla sola protagonista (a cui resta la caratteristica dell’hacking).
In questo contesto si sviluppano i temi, molteplici di Death end re; Quest 2, e la storia di May Toyama, vittima dei maltrattamenti del padre e artefice della morte dello stesso, che, parte alla ricerca della sorella di cui non sa più nulla. Una ricerca che la porta all’interno di un dormitorio femminile nella città di Le Choara, centro nevralgico di una società che sicuramente qualche segreto da nascondere ce l’ha, e si nota sin da subito. Il design dei personaggi è notevole, con modelli che si fanno apprezzare, ad occhio attento allo stile anime in salsa Japan, sia nelle fasi tridimensionali dei dungeon che in quelle, bidimensionali, ma comunque attive, dei dialoghi-visual novel. Diversificati, come detto in precedenza, i dungeon, qui suddivisi da aree di mappa che presentano caratteristiche peculiari sia nell’ambientazione che nella presenza della funesta fauna notturna.
Death end re; Quest 2 ci porta in un mondo che ripercorre le orme che hanno fatto le fortune del primo capitolo migliorandolo e coinvolgendo nuovi fan, un GDR con combattimenti a turni ma dinamici oltre che strategici, in ambientazione in salsa anime/Japan oscura, misteriosa e horror, immerso in una narrazione convincente, con musiche thrilling e con una certa profondità dei personaggi che arricchisce l’esperienza di gioco.
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