Dopo tanta attesa Square Enix ha consegnato finalmente anche a noi occidentali Dragon Quest XI: Echi di un’Era Perduta, ultimo lavoro della serie ideata da Yuji Horii, magistralmente disegnata da Akira Toriyama e orchestrata, nel senso musicale vero e proprio, dal maestro Koichi Sugiyama. Partendo dal presupposto che la serie Dragon Quest originaria (si è partito vent’anni fa) ha un suo peso specifico notevole, sia in termini di fascino che in termini di difficoltà di darne un giusto seguito – era un’arma a doppio taglio ovviamente -, i fan e i giocatori di RPG in salsa nipponica non potevano non avere delle aspettative più che elevate sull’undicesimo capitolo.
Bene, iniziamo subito dicendo che, non solo le aspettative sono state rispettate, ma con questo DQXI si è andati ben oltre le attese: senza ombra di dubbio, e sotto tutti i punti di vista, uno dei migliori e riusciti JRPG di sempre, nonché il miglior Dragon Quest in assoluto. Questo è il risultato di un’opera vera e propria che prende tutto ciò che di buono vi era intrinseco nella serie e lo rende moderno, fresco, avvincente, ironico, spettacolare, profondo, misterioso, affascinante. Unico.
A un incipit che, se si eccettua un’animazione spettacolare, colori incredibili, disegni e arte inimitabili, poteva apparire abbastanza scontato, segue una storia profonda, lucida, ben narrata e ottimamente ideata, con storie vecchie e nuove che si intersecano, tra personaggi e cast ottimamente caratterizzati e distinguibili tra loro in paesaggi che rubano l’occhio. L’inizio, dicevamo, piuttosto scontato e che sa di storia sentita e risentita: Una principessa che ha un figlio nato con un marchio/simbolo della reincarnazione del Lucente. Un eroe che rinasce ogni qual volta il tipico signore oscuro (qui “Signore delle Ombre”) si presenta a minacciare l’umanità. Appena nato, il piccolo (che ovviamente crescendo sarà il protagonista della storia) è già perseguitato dalle orde di mostri e draghi che servono il Signore delle Ombre, per questo la madre, incurante del proprio triste destino, lo affida alle acque, con tanto di lettera. A quel punto il piccolo è fortunatamente trovato da un anziano pescatore che se ne prenderà cura fino alla giovane età del ragazzo. Una storia apparentemente scontata, ma che dopo alcuni momenti cessa di essere così ‘classica’, gettandosi a capofitto nelle avventure più disparate, nelle vicissitudini del protagonista, negli innumerevoli incontri e paesaggi (tutti caratteristici e ben distinti tra loro, tanto da mozzare il fiato in taluni scorci) attraversati, nelle molte disavventure, nelle storie di amicizia, tradimenti, accordi, trattati e missioni. E ci saranno anche colpi di scena tutti da vivere e assaporare.
A una storia avvincente tanto da tenere incollati allo schermo per ore e ore senza quasi rendersene conto, fanno da corredo scorci di paesaggio unici nel loro genere, che pescano qua e là in varie tipicità e culture del mondo, in mappe ricche di mostri bizzarri e coloratissimi tutte da scoprire e che rendono ogni singolo paese o città visitata, quasi per osmosi, parte integrante del tutto. Il tutto è l’opera, i cui suoni sono rimescolati sulle tracce classiche della serie in maniera sapiente, i cui colori e paesaggi sono angoli di pura arte di design, in cui ogni singolo asset, ogli texture, ogni pixel è curato nel minimo dettaglio. Così come curatissimi e, come sempre, amabilissimi nei loro tratti peculiari e distintivi sono i personaggi nati della mano di Akira Toriyama, ciascuno con un proprio peso specifico, con una parte unica nella storia e con profondità psicologica evidente e, opportunamente, studiata.
Personaggi che hanno non solo una caratterizzazione specifica notevole, ma che si distinguono, e qui passiamo a tematiche più di gameplay, anche per le caratteristiche di combattimento. Dal prescelto “Lucente”, all’amico ladro e fidato, passando per le gemelle devote e dalle arti magiche, fino alla combattente più intrepida, al vecchio saggio e al fantastico e affascinante giullare del gruppo. Va detto che, come ogni buon gioco di ruolo, ogni personaggio, man mano che acquisisce livelli e punti abilità, può sbloccare nuove caratteristiche di combattimento anche diverse da quelle “naturali”: Ad esempio, il ladro Erik ha evidentemente nel suo background la furtività, la velocità e adopera sapientemente pugnale e boomerang. Ma possiamo benissimo sviluppare caratteristiche apparentemente lontante dal personaggio, come colpi speciali con la spada, così come le due maghe gemelle hanno abilità da combattenti uniche (una la lancia, l’altra la frusta) ma, seguendone la crescita potremmo svilupparne altre a nostro piacimento. Questo per fare qualche esempio della quasi infinita possibilità di personalizzare il proprio party in base alle nostre esigenze: a proposito, non possiamo non apprezzare la possibilità di poter sostituire un membro del party principale (massimo 4 personaggi) anche durante la stessa battaglia, così come si potranno modificare equipaggiamenti e armi nel bel mezzo di uno scontro.
I combattimenti nascono sotto una veste tipica da JRPG a turni, dove i turni non sono scanditi stavolta da una linea temporale (una scelta che ci può stare per non facilitare troppo i combattimenti), ma dove potremmo anche optare per un movimento libero dei nostri eroi schierati in battaglia. Libertà che quindi si rispecchia anche nei momenti più avvincenti, ossia i combattimenti, dove vi è la possibilità di scegliere, anche in corso d’opera, eventuali tattiche automatiche o di muovere le nostre pedine a nostro piacimento. Potremmo persino scegliere di far fare tutto alla IA dopo aver dato le giuste direttive ai nostri componenti del party. Anche qui, è sempre bene sottolinearlo, le battaglie sono divertenti e mai noiose, non fosse anche solo per la presenza dei nemici, mostri sempre unici, coloratissimi, spesso ironici e alcuni anche iconici della serie ma opportunamente rinfrescati e rivisti. A proposito dei combattimenti, in maniera piuttosto casuale e dopo aver subito alcuni colpi dal nemico, a un certo punto uno (o più di uno) dei nostri personaggi potrà diventare “pimpante”: caratteristica che consente di attivare colpi speciali in combo con altri personaggi Pimpanti. Colpi che si riveleranno spesso fondamentali per avere la meglio specie con alcuni boss e che attiveranno cutscene splendide a vedersi, oltre che utilissime.
I movimenti (e spostamenti) in un vasto e variegato mondo come quello di Dragon Quest XI, disseminato di minacce dietro ogni angolo, sono agevolati ulteriormente, rendendo l’esperienza di gioco godibile sempre nella sua totalità: ci si potrà spostare a cavallo, dopo averlo convocato con una campanella, si potrà correre velocemente con un semplice tasto, si potranno anche montare mostri sconfitti e con caratteristiche tipiche (brillano) per giungere in luoghi altrimenti impossibili, si potrà utilizzare l’incantesimo del teletrasporto per andare in posti già visitati in un battito di ciglia.
Spostamenti veloci e facilitati che sicuramente faranno la gioia dei player occidentali, così come l’inserimento dei tanti accampamenti che, oltre a offrire ristoro (Salute e Mana vengono riempiti) nei vasti paesaggi attraversati, saranno luoghi dove poter gestire il proprio cast, il proprio equipaggiamento (Lo si potrà anche creare con la fantastica Forgia da Viaggio e opportune ricette scovate in giro per il mondo), dove si troverà la statua in vece della classica chiesetta per confessarsi e salvare la partita. In breve, ci sono talmente tanti accorgimenti e sfaccettature volte ad agevolare il player tali da denotare una attenzione quasi ossessiva verso il piacere dell’esperienza in-game.
Dragon Quest XI: Echi di un’Era Perduta è uno spettacolo videoludico sotto tutti i punti di vista, ideale e divertente, avvincente ed entusiasmante, accattivante e unico: consigliato a tutti i tipi di giocatori, immancabile per i fan di JRPG, RPG e, ovviamente, della serie DQ.
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