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Elden Ring, la nostra recensione

Un mondo fantasy sconfinato, creature diversificate e con molteplici metodologie per farti fuori anche con un singolo colpo, i paesaggi spettacolari e allo stesso tempo che celano pericoli in ogni dove e in ogni anfratto, ma anche misteri da svelare, storie marginali interessanti da seguire, esperienze sempre nuove e diversificate da provare.

Elden Ring, una storia tra divinità, semi-dei, mostri fantastici ed eroi alla ricerca dell’anello ancestrale che si apre al giocatore passo dopo passo, con la consueta sapienza tecnica e narrativa zigzagante e lasciata volutamente nelle mani del giocatore di FromSoftware, e, anche, con il solito gameplay punitivo dei Dark Souls con una abbondante spruzzata di Sekiro.

Elden Ring non è definibile facilmente, la sua maestosità, anche in ottica mondo aperto dove troviamo davvero una natura che si modifica e si adatta all’ambiente che andiamo via via visitando (e con i rischi del caso), che favorisce il continuo e incessante desiderio di esplorare, trovare item fondamentali e personalizzabili, insieme a una storia che si evolve quasi in maniera autonoma in ogni suo angolo. La mappa di gioco di Elden Ring stupisce per la sua grandezza, e per il suo essere assolutamente contestualizzata e contestualizzabile sia al prosieguo della storia che alla poetica di gioco. Gli impervi percorsi potremo affrontarli a cavallo del nostro destriero Torrente, così da velocizzare alcuni trasferimenti o anche per necessità narrativa e per poter raggiungere luoghi altrimenti inaccessibili.

Nulla è lasciato al caso, ogni singolo ramoscello o cespuglio sembra essere messo lì per un qualche motivo specifico, anche quando il giocatore si sente quasi spaesato e sembra non essere accompagnato dalla narrazione verso lidi necessari e specifici, paradossalmente è quella stessa libertà d’azione che ne costruisce la storia, personalizzata, mai uguale, e sempre con potenziali novità da scoprire.

Non è difficile immaginare che Elden Ring appaia come il picco più alto della serie dei Soulslike, ma, sebbene ne sia l’evidente erede spirituale, nasce da una nuova concezione del genere. La libertà, velata o manifesta, è il vero leit-motiv del gioco, il giocatore può decidere se farsi affiancare o meno nella sua avventura fantastica, può optare per diverse classi di gioco in base a quello che, apparentemente, si adatta alla sua modalità di affrontare i pericoli punitivi che si nascondono nell’Interregno, può decidere se affrontare nemici potenti (anche se ovviamente un po’ di livellamento, anche più di un po’, è sempre ben accetto, per evitare di perire ad ogni istante) o se evitarli, se affrontare creature fantastiche a cavallo o a piedi, se e come rinforzare e craftare armi, armature, item, colpi speciali, equipaggiarsi come meglio crede e come meglio si adatta allo stile di gioco, scegliere quali aree vale la pena esplorare (in pratica tutte!) e quali è meglio lasciar perdere (c’è sempre un nemico che ci sorprenderà, in qualche modo).

In pratica, l’esperienza di gioco è e sarà sempre differente da quella affrontata precedentemente: ovviamente la libertà lasciata al giocatore non vuol dire che la storia e la narrazione di Elden Ring non procedano verso una direzione univoca, il tutto viene infatti a confluire in un contesto di vicende fantastiche alla ricerca e all’appropriazione di un potere necessario per salvare il mondo. I vari personaggi, inoltre, possono arricchire (e lo fanno!) l’esperienza del giocatore e portarlo verso nuovi lidi e nuove avventure nascoste, non troverete mai (almeno fino ad ora è stato così) classiche quest secondarie che si somigliano o che non premiano a dovere il giocatore.

Alla libertà di gioco e di gameplay (in Elden Ring si salta…), o alla libera scelta di esplorare o meno un luogo, di scovare item preziosi, di svilupparli, di affrontare o quando affrontare un nemico, di optare per seguire un’avventura piuttosto che un’altra, corrisponde un alto grado di appagamento: il giocatore più curioso e più assiduo, più testardo, otterrà premi maggiori. Nulla è insostenibile, così come nulla è facilmente superabile: un pizzico di aiuto, altrimenti alcune fasi rasentano difficoltà irriguardose, viene anche dalla possibilità di reclutare alcuni personaggi per un breve periodo, in una sorta di multiplayer asincrono che ricalca le gesta di altri giocatori per dare una mano al giocatore stesso. Il tutto arricchisce ancora di più un’esperienza di gioco di livello altissimo, anche in multi-giocatore “normale”.

Dal punto di vista tecnico e grafico Elden Ring, al netto di qualche piccolo bug comunque trascurabile nella mole di gioco e di contenuti, è uno spettacolo per gli occhi: i personaggi e i modelli, i paesaggi e scorci, i boss, i nemici, le cavalcature, tutto denota una cura attenta e precisa per i dettagli. Il tutto accompagnato da musiche altisonanti e momenti enfatizzati proprio da un contesto e un comparto sonoro che raggiunge picchi elevati.

Elden Ring è un fantasy che porta al livello definitivo l’esperienza dei Dark Souls e Sekiro del passato: da questi prende ispirazione e ne amplifica a dismisura la poetica. Una nuova IP nell’universo di FromSoftware che spinge al limite i generi fantasy-medievale, Open-World, e il gameplay dei precedenti titoli della software house nipponica. Scorci da stropicciarsi gli occhi, musiche altisonanti, esperienza immersiva e ad alto coefficiente di libertà e personalizzazione, e, quindi, di rigiocabilità. Un must, non solo per proseliti di FromSoftware.

Ignazio Cusimano

Amante dell'Hi-Tech e dei videogame da quando è stato capace di intendere e di volere, appassionato di Anime e di tutto ciò che ha un minimo di retrogusto culturale giapponese...

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