Da una vacanza in campeggio, dall’attesa di una bella accoglienza al nostro ritorno, alla triste realtà di un mondo devastato e abbandonato nella Svezia anni ’80: il viaggio a Yttervik non è come ci si aspetta, improvvisamente tutti sono scomparsi, hanno lasciato solo qualche traccia e solo qualche piccolo indizio da seguire.
Automobili, camion, case, cascine e grandi capannoni metallici abbandonati, lasciati lì all’improvviso: questo è il contesto con cui ci immergiamo nel mondo di Generation Zero, improvvisamente catapultati in un survival, costretti a reperire armi e materiali, item e oggetti di consumo nei bagagliai delle auto o nelle abitazioni abbandonate del villaggio. Veniamo subito indirizzati a una chiesa vicina – non tantissimo visto che siamo a piedi per tutta la nostra esperienza – quella di Iboholmen, dove scopriremo che le macchine hanno preso il sopravvento e che tutti si sono spostati a Salthamn.
Durante il viaggio, irto di pericoli, ci imbattiamo in robot vigilanti, sentinelle pericolose e veloci, ma anche piuttosto stupide, che metteranno in mostra la nostra vulnerabile condizione di umano, in balia della forza delle macchine. Il contesto narrativo e storico viene ripercorso mediante quotidiani, cassette, segreterie telefoniche, con tanto di Svezia anni ’80 raccontata con passione da Avalanche Studios, in lingua svedese, sottotitolata in inglese.
Anche ambientazioni e design degli spazi aperti e verdeggianti sono orchestrati a dovere, con viste mozzafiato e paesaggi in cui è facile immergersi e perdersi, appunto, perdersi. Perché per gran parte della nostra esperienza saremo soli e abbandonati, costretti a combattere per la nostra sopravvivenza, e a tracciare il nostro percorso in maniera piuttosto misteriosa e poco chiara. Ma se questa poteva essere una scelta specifica degli sviluppatori, non si capisce perché si debba rendere ostico poter gestire il proprio arsenale, il pannello di gestione delle risorse è poco orientato all’usabilità e alla facilità di utilizzo, anzi, anche le stesse armi e le munizioni non vanno ad accumularsi, andando subito ad occupare il nostro bagaglio.
L’esperienza di Generation Zero è fortemente orientata alla cooperazione, ma solo se il gruppo è fortemente affiatato, perché i robot da affrontare sono davvero potenti e richiedono strategia e una certa portata di fuoco, specie per alcuni, mastodontici: vi sono infatti diversi tipi di robot, ciascuno con reali punti di forza e di debolezza. Se troviamo nell’agilità il punto di forza dei Tick, quindi facilmente abbattibili, le Sentinelle Seeker sono fastidiosissime in quanto richiamano il branco contro di te in una frazione di tempo troppo celere. Ma se i primi due sono gestibili, in single player non si potrà avere la meglio di mech grandi come case come Harvester e Tanks.
Varietà di robot, varietà di approcci al mondo aperto di Generation Zero, un titolo che merita maggiore approfondimento da parte degli sviluppatori specialmente per l’esperienza in singolo. Se design, ambientazioni, contesto, ricostruzione storica, modalità di combattimento sono sicuramente punti di forza, la troppa difficoltà del pannello di gestione delle risorse, di implementazione delle stesse, un poco equilibrato livellamento dei nemici, di tracciamento delle missioni da seguire, a cui aggiungiamo alcuni bug qua e là (anche se alcuni risolti con una patch post-lancio, nella versione PC), mantengono il livello di un titolo, potenzialmente ottimo, a mala pena sufficiente.
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