Kingdom Hearts III è l’atto conclusivo di una saga che ci ha accompagnati per tanti anni, l’incontro tra due culture videoludiche e di intrattenimento che hanno fatto del colore, del divertimento, del gioco, della fiaba, una mescolanza fondamentale per produrre un capolavoro del gaming. Un capolavoro che, ovviamente per tutti i fan – tantissimi nel mondo – giunge al suo passo decisivo, al suo culmine, al punto d’arrivo di quell’incontro tra due colossi dell’intrattenimento come Square Enix e Disney/Pixar.
Sora, dopo avventure che definire contorte ed intricate sarebbe sicuramente un eufemismo, riuscirà a compiere il viaggio conclusivo, attraverso i mondi Disney/Pixar, con compagni, amici, nemici, prima nemici e poi amici, prima amici e poi nemici, compagni e nemici in viaggio nel tempo, realtà parallele, mondi frammentati, mondi di luce e di oscurità, nemici privi di memoria e di coscienza o scienziati dalle brame metodiche e progettuali, sdoppiamenti di corpi e di personalità, repliche, memorie prestate e rubate…insomma, un universo ricchissimo, coloratissimo, in cui è difficile districarsi ma in cui è entusiasmante perdersi più e più volte.
La storia di Kingdom Hearts, fin dal principio, è stata pensata e costruita per tessere una tela di difficile comprensione, sin dal principio dei tempi quasi mitici dei 5 prescelti, passando per le varie organizzazioni di Nessuno con il nemico numero uno, Xehanort, a fare il bello e cattivo tempo, passando al vaglio tantissimi personaggi più o meno profondi e più o meno misteriosi, fino alla conclusione finale, in cui ovviamente non ci addentriamo. Bene, Kingdom Hearts III è l’epilogo di una saga, mette in riga tante trame e piccole vicende, ricuce la fitta tela e conduce verso quella tanto attesa ultima Guerra dei Keyblade.
Come tutti i fan della saga di Xehanort sanno, la lotta tra luce e oscurità è il fondamento, l’equilibrio tra le due entità è labile, suscettibile a smottamenti e scossoni, mai decisivi se non per mano di eroi: e Sora, il vero cuore pulsante della serie, ha l’arduo compito di riportare quell’equilibrio tanto richiesto e atteso fin dall’inizio dei tempi di Kingdom Hearts. Per farlo, il giovane dovrà ripartire da Dream Drop Distance, con il repentino ritorno verso le terre di Hercules prese pesantemente di mira da Ade. Un lento e inesorabile viaggio verso il recupero di memorie passate per acquisire il titolo di maestro del keyblade, e per ridistribuire i cuori interconnessi al suo. Come i fan avranno sicuramente intuito, le vicende, tutte più o meno legate al giovane Sora, verranno risolte in maniera più o meno evidente, talvolta con qualche aggiunta tipica della serie, che forse aggiunge un plus o forse è semplicemente un surplus.
Dopo anni di attesa, i fan non resteranno delusi, tutti i personaggi a cui si erano affezionati avranno ancora qualcosa da dire, e quel tanto amato crossover verrà portato all’apice tecnico e di design con i mondi Disney e Pixar come meglio non si poteva: I paesaggi, gli scorci, i luoghi da visitare sono tanti e bellissimi, mostrano piena maturità della serie e rendono merito a un lavoro conclusivo che riesce nell’intento di incantare la vista.
Dal regno di Corona al Toys Box, passando per i mari dei Caraibi, al ghiaccio di Frozen, il fascino di questo atto conclusivo sarà sempre evidente, con tratti ispirati e coinvolgenti, immersivi, in cui il giocatore non può far altro che perdersi. Anche i combattimenti sono un sunto, tendente verso l’alto, di tutto quello che abbiamo potuto apprezzare negli anni con i precedenti capitoli (tutti inclusi), con aggiunte al gameplay che rendono i momenti di scontro davvero topici, non di rado lasciando di stucco. Parliamo qui delle mosse speciali che si sbloccano raggiungendo un determinato limite e differenti per ogni keyblade che adoperiamo, ma ci soffermiamo anche nelle trasformazioni che il gruppo Sora-Pippo-Paperino subisce attraversando i vari mondi Disney/Pixar: trasformazioni che hanno parte attiva nei vari combattimenti, non sono soltanto una trovata estetica, anche se di indubbio gusto, aggraziato e coloratissimo.
Non mancheranno tantissime possibilità di passare da mini-game classici, di poter cucinare con Ratatouille, a sparatutto veri e propri: non solo con la consueta Gummiship, ma anche con determinati colpi speciali dei Keyblade di Sora. Le battaglie, come detto, sono piene zeppe di possibilità per il giocatore, strategie al limite del frenetico, ma sempre coinvolgenti, con mosse speciali attivabili con un tasto, magie sempre più efficaci e attacchi trio tutti da non perdere.
Un oceano di insidie, una ragnatela da cui emergere, Sora viene immerso in un viaggio unico, è messo in condizioni di diventare l’eroe che prometteva di essere in principio, in un capitolo, il terzo e conclusivo di Kingdom Hearts, che riesce ad eccellere dal punto di vista tecnico e grafico, e a coinvolgere nel suo design tipico e con musiche apprezzabilissime nei vari momenti della storia.
Kingdom Hearts III va visto nella sua interezza e completezza armoniosa e fantastica, ma anche con una visione più complessiva della storia: un titolo che i fan non dovranno perdere in alcun modo, a loro è dedicato e per loro è indispensabile.
Il fascino di questo atto conclusivo sarà sempre evidente, con tratti ispirati e coinvolgenti, immersivi, in cui il giocatore non può far altro che perdersi.