Narcosis è un horror immerso nelle profondità del mare, claustrofobico al punto da non essere indicato per chi soffre il mare e gli abissi, e una prima persona, tipica degli horror survival di ultima generazione, che spegne ogni velleità di poter fuggire da incubi e suspance.
Il nuovo gioco di Honor Code inizia proprio con una situazione tragica e paradossale, immersi sotto molte atmosfere di pressione marina, dovremo scoprire cosa si cela dietro un disastro che ha colpito una miniera di metano, che ha disperso il personale e distrutto completamente l’ambiente di lavoro. Come sopravvissuto, il giocatore avrà il compito di scovare i dispersi immerso negli abissi, sempre aspri e duri da affrontare, vuoi per la mancanza di risorse primarie, vuoi per le minacce che si celano nelle profondità degli oceani.
La storia di Narcosis è ben narrata, per mezzo di una voce narrante che ci consente di procedere in maniera guidata nei pur lineari percorsi degli abissi: la prima persona ci mette in balia degli eventi e ci fa apprezzare ancora di più la tragicità della situazione e la gravità degli eventi, proprio per prospettiva soggettiva che garantisce l’immedesimazione più profonda. Il come e il perché ci si trovi in quella situazione verrà presto spiegato, tra una ricerca di sopravvivere e una del personale disperso. Presto, forse perché il titolo non mette in mostra una longevità tale da rendere appagante a 360 gradi l’esperienza di gioco. Non lo stesso si può dire dell’atmosfera, del gameplay e degli ambienti: tutto confluisce nella ricerca di donare, se possibile, ulteriore senso di isolamento e desolazione alla vicenda.
La storia viene ben raccontata e coadiuvata da abissi con tratti di design ben definiti e realizzati, il fondo dell’oceano è molto ampio e variegato, oscuro come ci si aspetterebbe, ma anche con anfratti luminosi che, per forza di cose, attraggono al loro interno. Tra i meandri oscuri degli abissi ci si trova a visitare tane pericolosissime e oscure, dove non è strano trovare una sconosciuta forma animale granchio-ragno, e per fortuna si incontrano anche ambienti un po’ più colorati dai coralli e le immancabili aree di ricerca o laboratori. Qui, in aree opportunamente ricostruite e piuttosto credibili, ci si cimenta nella ricerca di quei documenti che ci permettano di decifrare gli eventi e comprenderli.
Il movimento, visto che siamo sotto litri e litri di acqua, non è certo agevole nelle profondità marine: e questo è ben evidente anche in-game, dove ci troviamo a muoverci con la levetta sinistra e possiamo saltare con un propulsore, ma il tutto risulta molto meccanico e lento, farraginoso. La parte di sopravvivenza è invece concentrata sulla ricerca di ossigeno e la necessità di nascondersi da nemici improvvisi e pericolosi.
Le fasi di combattimento, così come per i movimenti, sono condizionate dalla situazione sotto marina: lenti e poco efficaci, specie se si cerca di colpire un pesce o un calamaro con il semplice coltello. Anche per questo se per errore – in realtà la linearità della mappa ci porta dove vuole portarci – dovessimo imbatterci malauguratamente in una tana di granchi-ragni, la nostra ancora di salvezza potrebbe essere data solo da un buon nascondiglio.
Narcosis, d’altra parte, non è un gioco di combattimento, ma si concentra sulla storia, come detto ben raccontata, sulla sopravvivenza e sul senso di isolamento, a forti tinte thriller-horror, elementi rinforzati da immagini desolate e opprimenti, dall’atmosfera sub-acquea e dalla presenza di una fauna ostile e misteriosa.
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