Era il lontano 2001, anno in cui il primo Onimusha vedeva la luce sulla all’ora console di ultima generazione PlayStation 2: Si viaggiava sull’onda del successo dei vari Resident Evil, titoli di punta di Capcom in quel periodo. E proprio Onimusha Warlords divenne facilmente un alter ego, un vero e proprio spin-off della serie horror in terza persona, con punto di riferimento verso il Giappone feudale.
Quindi non più colpi di pistola e fucile contro creature create in laboratorio e che hanno dovuto subire le mutazioni del noto virus, ma sciabolate, fendenti con spada e pugnali, anche qualche frecciata, contro, stavolta, demoni della tradizione nipponica.
Ambientazione oscura, volutamente, tendente all’horror e con misteri e puzzle da risolvere per ottenere preziosi item con cui portare a termine la missione: Salvare la principessa Yuki da quelle forze demoniache, che, come ogni demone che si rispetti, hanno stretto patti con chi vuole ascendere al potere con facilità, per esempio il noto Nobunaga Oda. Qui ci soffermiamo su un tema che ha fatto sicuramente scuola ( non è l’unico aspetto che ha profuso insegnamenti a titoli usciti in seguito): il Giappone feudale, l’Era Sengoku, periodo di battaglie e scontri politici e di potere che hanno dato modo, da Onimusha in avanti, di sviluppare titoli legati ai più disparati generi, dallo strategico al musou, all’action RPG.
Ci ritroviamo pertanto nei panni, dopo tanti anni, di Samanosuke Akechi, samurai ed eroe al tempo stesso, cui è stato affidato un guanto Oni, capace di assorbire le anime dei demoni e trarre vantaggio e potere da queste ultime: poteri che vengono infusi nelle armi bianche del samurai, fuoco, aria e fulmine, indispensabili per affrontare gli orrori demoniaci che vogliono sacrificare il sangue della amata principessa. Per ottenere il risultato, Samanosuke si affiderà alla fedele compagna di avventure, il ninja Kaede. Proprio nei panni di Kaede dovremo affrontare alcune parti di gioco che risultano fondamentali e complementari all’avanzamento del compagno samurai, pur senza alcun potere Oni e armati di semplici pugnali e pugnali sacri.
Una struttura che ben si reggeva a suo tempo, e che ritroviamo con piacere anche in questo 2019 appena iniziato: le attese, sin dal principio, dei fan erano e sono alte, Onimusha Warlords ha fatto strage di proseliti che non hanno fatto altro che richiedere sequel, remastered e nuovi sviluppi del franchise. Accontentati al momento in uno dei punti: Il titolo infatti è stato rimasterizzato a dovere, con comparto grafico in HD e 16:9, anche il gameplay è stato curato nei minimi dettagli, con supporto analogico che ben risponde ai comandi e che appaga il giocatore anche durante le fasi di combattimento, anche quelle più concitate e ostiche.
Restano, figlie di una generazione che ha comunque fatto storia, alcune indecisioni dovute alla presenza della classica telecamera fissa, tipica dei Resident Evil di prima generazione e gli sfondi pre-renderizzati, ma il livellamento, le ambientazioni, le musiche e il gameplay riescono a rendere Onimusha Warlords una remastered di tutto rispetto, in grado di garantire alcune ore di divertimento in uno dei più classici samurai-game, un buon livello di sfida e un senso di appagamento che, ancora oggi, ha da insegnare qualcosa anche a titoli di moderno concepimento.