La World Photography Organisation è lieta di annunciare che il premio Outstanding Contribution to Photography , nell’ambito dei Sony World Photography Awards 2021, è stato assegnato alla fotografa messicana Graciela Iturbide. Ampiamente riconosciuta come la più importante fotografa vivente dell’America Latina, Graciela Iturbide immortala con le sue opere spaccati di vita quotidiana messicana dalla fine degli anni ’70 ed è nota per il suo contributo distintivo all’identità visiva del Paese.
Dal 15 aprile, la World Photography Organisation presenterà sul proprio sito web una mostra virtuale in cui ammirare 25 tra i capolavori della fotografa. Le immagini, personalmente selezionate dall’artista, rappresentano alcune tematiche e tappe fondamentali nei suoi cinquant’anni di carriera e comprendono alcune delle sue foto più emblematiche come Nuestra Señora de las Iguanas (Nostra Signora delle Iguane) e Mujer ángel (La donna angelo).
Tra rappresentazioni di vita quotidiana e culturale, nonché di tratti rituali e religiosi, il lavoro di Graciela Iturbide esplora le tante complessità e contraddizioni del suo Paese, mettendo in discussione le disuguaglianze e sottolineando le tensioni esistenti tra la realtà urbana e rurale, moderna e indigena. Le sue fotografie vanno ben oltre la mera narrativa documentaristica e vogliono trasmettere una visione poetica dei soggetti raffigurati alla luce delle esperienze e del percorso della fotografa.
Primogenita di 13 figli, Graciela Iturbide nasce a Città del Messico nel 1942 in una tradizionale famiglia cattolica. Cresce ammirando le foto amatoriali scattate da suo padre, conservate con cura in una scatola di famiglia. Si sposa all’età di 20 anni e ha tre figli a distanza di poco tempo l’uno dall’altro. Nel 1969, all’età di 27 anni, decide di seguire la propria passione artistica e si iscrive al Film Center dell’Università Nazionale Autonoma del Messico. È qui che, studiando con il maestro modernista e in seguito suo mentore Manuel Álvarez Bravo, decide di concentrarsi sulla fotografia. È proprio in questo periodo che la fotografia diventa per Graciela Iturbide una sorta di terapia, in seguito alla tragica morte nel 1970 di sua figlia Claudia, di soli sei anni.
Presto diventa assistente di Álvarez Bravo e inizia a girare il Messico al suo fianco. Graciela Iturbide è profondamente influenzata dall’interesse del suo mentore per le comunità indigene e dalla sua filosofia del tempo messicano, secondo cui “hay tiempo” o “c’è tempo”. A partire da questo concetto, molto presente nella letteratura e nell’arte messicana, l’artista sviluppa il suo linguaggio fotografico come paziente osservatrice, le cui immagini evocano il lirismo e la poesia che si celano nella quotidianità.
Verso la fine degli anni ’70, Graciela Iturbide svolge un ruolo centrale in un movimento sempre più vasto di fotografi latinoamericani che si uniscono per “riappropriarsi” dell’identità visiva dei loro Paesi dall’occhio esterno dei fotografi stranieri. Nel 1978, nell’ambito di una più ampia iniziativa volta al recupero delle culture indigene, l’artista riceve dall’Archivio etnografico dell’Istituto Nazionale dei Popoli Indigeni l’incarico di fotografare le popolazioni indigene del Paese. Al fianco dell’antropologo Luis Barjau, Graciela Iturbide si integra nella comunità indigena nativa dei Seri per studiarne le usanze e documentarne lo stile di vita, con una particolare attenzione alla necessità loro imposta di adeguarsi al capitalismo.
I risultati del lavoro di Barjau e Iturbide sono pubblicati nel 1981 nel libro Los que viven en la arena (Coloro che vivono nella sabbia). In quegli anni, la pubblicazione costituisce uno dei pochissimi studi messicani esistenti tra centinaia di testi americani ed è subito acclamata per il suo contributo estremamente autentico. L’esperienza di vita all’interno della comunità seri segna l’inizio di una fase importante della carriera di Graciela Iturbide, confermando il suo profondo impegno nella scoperta del Paese e il desiderio di fotografare le sue diverse popolazioni e relazionarsi con loro.
Oggi le opere nate a contatto con le comunità seri e zapoteca a Juchitán de Zaragoza sono tra le più apprezzate della sua carriera. Le fotografie di Graciela Iturbide non vogliono mettere in luce il carattere esotico dei soggetti, ma offrire la prospettiva di un osservatore che desidera comprendere e prendere coscienza della propria cultura. Oltre alle foto di popoli indigeni messicani, la mostra raccoglie anche testimonianze dei viaggi dell’artista in Italia, negli Stati Uniti e in India, con un occhio di riguardo alla natura e al suo interesse verso la spiritualità e il simbolismo insiti in quest’ultima.
Nel commentare il proprio lavoro e il premio conferitole, Graciela Iturbide ha sottolineato: Sono lieta e onorata di ricevere questo premio. Questo tipo di riconoscimento è un forte stimolo a continuare con il mio lavoro. Tutto ciò che ho fotografato nella mia vita ha nutrito il mio spirito e mi ha spinta a ripetere l’intero processo più e più volte. Per me, la fotografia crea un sentimento di comprensione verso ciò che vedo, ciò per cui vivo e ciò che sento ed è un ottimo pretesto per conoscere il mondo e la sua cultura.
Il premio Outstanding Contribution to Photography viene riconosciuto a singoli individui o gruppi di persone che hanno avuto un forte impatto sul mezzo fotografico. Quattordicesima artista a ricevere questo premio, Graciela Iturbide si aggiunge all’elenco dei suoi illustri predecessori tra cui spiccano William Eggleston (2013), Mary Ellen Mark (2014), Martin Parr (2017), Candida Höfer (2018), Nadav Kander (2019) e Gerhard Steidl (2020).
I primi classificati dei concorsi Student, Youth, Open e Professional dei Sony World Photography Awards 2021 saranno annunciati il prossimo 15 aprile sulle piattaforme video e digitali della World Photography Organisation.